Sono diversi anni che mi occupo di additive manufacturing da un punto di vista commerciale, da quello tecnologico e recentemente ho iniziato ad occuparmi anche di formazione.
Lato commerciale ho fatto tantissime riunioni e telefonate per informare i clienti dei vantaggi e degli svantaggi proprie delle tecnologie additive e abbiamo discusso insieme di come sfruttare al massimo l’alto potenziale di un cambio di paradigma (nei rispettivi campi di applicazione).
Lato tecnologico invece ho portato avanti e affrontato progetti (alcuni dei quali anche molto ambiziosi e sfidanti) nei quali è stato necessario prendere decisioni difficili in funzione della nostra conoscenza e dei dati a disposizione (in alcuni casi pochi) e non sempre i risultati sono stati soddisfacenti.
Questo mi ha fatto cambiare idea sulla tecnologia?
Assolutamente no! Mi ha insegnato qualcosa in più che non sapevo e sono riuscito a conquistare un altro pezzetto di conoscenza e a rinforzare le mie competenze e anche di tutte le persone che partecipavano ai progetti.
Allo stesso modo, attraverso la docenza, svolgo un’attività di divulgazione che mi permette di confrontarmi con le persone, di verificare quale sia la loro personale percezione della tecnologia e di aiutarli ad analizzare false credenze e miti collettivi che spesso tendono a uccidere una nuova tecnologia.
Le credenze sulle parti realizzate con additive manufacturing
Le credenze più diffuse riguardano ad esempio l’immaturità tecnologica di alcune tecnologie additive (anche se oggi ce ne sono davvero tante e alcune sono già sufficientemente mature) e del risultato finale dei manufatti costruiti in 3D.
Uno dei temi di cui spesso si discute in effetti è l’anisotropia che è “la proprietà per cui il valore di una grandezza fisica (durezza, resistenza alla rottura, velocità, indice di rifrazione, ecc.), in una sostanza o nello spazio, non è uguale in tutte le direzioni.” (fonte Wikipedia)
Certo è vero, ad esempio una tecnologia che lavora per layer (cioè per stratificazione di materiale) soffre di questo problema, ma la domanda da farsi è “Quanto vale l’anisotropia? Abbiamo dati che valorizzano le caratteristiche nelle diverse direzioni?”
E’ sufficiente ad esempio prendere un data sheet di un materiale e verificare la differenza tra le proprietà meccaniche nelle diverse direzioni (se indicato), se invece ci manca il dato perché il materiale è una novità dovrò organizzarmi per fare dei test e caratterizzare il mio processo.
L’altra credenza diffusa è la pessima finitura superficiale, generalmente infatti le parti ottenute con alcune tecnologie vengono considerate “bruttine” oppure con superfici non funzionali.
Anche questo è vero! Se però andiamo oltre alle nostre resistenze possiamo trasformare “lo svantaggio” di avere una finitura superficiale di un certo tipo in un’opportunità e addirittura possiamo vederlo come un vantaggio in certi casi.
Altrimenti possiamo affidarci alle tante tecnologie di post-processing disponibili sul mercato e che possono aiutarci per avere il giusto grado di finitura necessario a realizzare parti finite.
Innovation Manager e stampa 3D
Devo dire che quando ho visto la suddivisione degli ambiti di specializzazione degli Innovation Manager italiani iscritti al MISE, sono rimasto piuttosto stupito del fatto che solamente l’8% (al terzultimo posto!) ha dichiarato di avere competenze in manifattura additiva e stampa 3D. E’ vero che un 15% ha dichiarato di avere competenze in prototipazione rapida però rimane una percentuale bassa se vediamo questa area un settore strategico per l’Italia.
Dobbiamo fare di più!
Dobbiamo fare di più sull’additive manufacturing e soprattutto se consideriamo che l’Italia è tra i primi cinque paesi al mondo per surplus manifatturiero con 106,9 mld di dollari (rapporto I.T.A.L.I.A. 2019 – Geografie del nuovo made in Italy).
In che modo dobbiamo fare di più?
Formazione delle competenze additive
Dobbiamo fare di più attraverso una sana formazione, dobbiamo spiegare alle persone, ai tecnici, agli operatori e anche agli imprenditori i vantaggi, gli svantaggi e anche i rischi della manifattura 3D e dobbiamo fargli capire che abbiamo di fronte un potenziale incredibile.
Interessantissimo ad esempio il progetto SAM – SECTOR SKILLS STRATEGY IN ADDITIVE MANUFACTURING (tra i quali partner è presente anche il PoliMi) che tra gli altri obiettivi ha anche quello di favorire lo sviluppo di competenze in questo settore.
Un altro esempio interessante per la nostra regione (Emilia Romagna) è BiRex il competence center di Bologna che tra le aree operative di sviluppo ha proprio l’Additive Manufacturing.
Insomma quando ci imbattiamo in una nuova tecnologia che non conosciamo incontriamo delle resistenze fortissime e quindi ci troviamo costretti a volte a fare un enorme sforzo per superarle e ad intravederne le opportunità.
“Prima devo entrare nella palude, poi la devo attraversare e poi devo uscirne se voglio fare innovazione.”
Incontrerò delle difficoltà? Sicuro! Sarà faticoso? Assolutamente si! E quante risorse dovrò impiegare per raggiungere dei risultati? Dipende! De qué depende? (cantava JARABE DE PALO nel 1998)
Dipende da tanti fattori e sono tutti da considerare quando si affronta la selezione per un progetto pilota nella propria fabbrica.
E tu quali sono gli ostacoli che vedi nell’adozione di questa tecnologia (di cui prima o poi ti dovrai occupare) e che cambierà il mondo?
Gliela concediamo una possibilità?